Recensione "Isola di neve" di Valentina D'Urbano


Editore: Longanesi
Pagine: 500
Prezzo: 19,90€

Trama
Un'isola che sa proteggere. Ma anche ferire. Un amore indimenticabile sepolto dal tempo. 
2004. A ventotto anni, Manuel si sente già al capolinea: un errore imperdonabile ha distrutto la sua vita e ricominciare sembra impossibile. L'unico suo rifugio è Novembre, l'isola dove abitavano i suoi nonni. Sperduta nel mar Tirreno insieme alla sua gemella, Santa Brigida - l'isoletta del vecchio carcere, abbandonato -, Novembre sembra il posto perfetto per stare da solo. Ma i suoi piani vengono sconvolti da Edith, una giovane tedesca stravagante, giunta sull'isola per risolvere un mistero vecchio di cinquant'anni: la storia di Andreas von Berger - violinista dal talento straordinario e ultimo detenuto del carcere di Santa Brigida - e della donna che, secondo Edith, ha nascosto il suo inestimabile violino. L'unico indizio che Edith e Manuel hanno è il nome di quella donna: Tempesta. 
1952. A soli diciassette anni, Neve sa già cosa le riserva il futuro: una vita aspra e miserabile sull'isola di Novembre. Figlia di un padre violento e nullafacente, Neve è l'unica in grado di provvedere alla sua famiglia. Tutto cambia quando, un giorno, nel carcere di Santa Brigida viene trasferito uno straniero. La sua cella si affaccia su una piccola spiaggia bianca e isolata su cui è proibito attraccare. È proprio lì che sbarca Neve, spinta da una curiosità divorante. Andreas è il contrario di come lo ha immaginato. È bellissimo, colto e gentile come nessun uomo dell'isola sarà mai, e conosce il mondo al di là del mare, quel mondo dove Neve non è mai stata. Separati dalle sbarre della cella, i due iniziano a conoscersi, ma fanno un patto: Neve non gli dirà mai il suo vero nome. Sarà lui a sceglierne uno per lei.


"Vorrei sapere se senti quello che io sento per te, pure se sono quella che sono."


Recensione
Mi rendo perfettamente conto che non sia stata solo mancanza di tempo a impedirmi di buttare giù due pensieri su questa storia. O fondamentalmente, non è dipeso nemmeno dal voler aspettare un po’ e rileggere il libro con più accuratezza, e analizzarlo con occhio più attento.
Ho avuto semplicemente paura di scrivere qualcosa che non avrebbe reso giustizia alle vicende di Manuel ed Edith, e pure a quelle di Neve ed Andreas. Mi sono trovata a corto di parole, come se avessi un sacco di cose da dire eppure non riuscissi a trovare il modo giusto per esprimerle.
Ma eccomi qui, a parlarne comunque. A ribadire quanto Valentina D’Urbano sia per me sempre ed unicamente una garanzia, indipendentemente dal fatto che alcuni suoi libri mi siano rimasti maggiormente nel cuore rispetto ad altri scritti da lei stessa. Ecco che Isola di Neve è arrivato a colpirmi tanto quanto aveva fatto la storia di Alfredo e Beatrice, alla quale sento di essere profondamente legata, e ogni volta farla riaffiorare tra le pagine ingiallite dalle troppe letture è sempre e comunque una fitta al cuore, immergermi di nuovo in quella vicenda scritta così bene, eppure così spietata e reale. Perché sì, la scrittura di Valentina è concreta, racconta di esistenze reali. Anche negli aspetti più schietti e crudeli. Soprattutto in quelli.
A quindici anni scorrevo avida la storia de Il rumore dei tuoi passi, e quelle vite, che io stessa avevo conosciuto prima attraverso le parole di Bea, e qualche anno dopo tramite la voce di Alfredo, ora hanno qualcun altro a far loro compagnia.

Con Isola di Neve per me Valentina si è assolutamente superata. Ha raggiunto un traguardo più maturo, ha saputo disegnare due epoche diverse, intrecciandole insieme in un modo che a primo impatto non sono riuscita a capire. La seconda rilettura mi è servita per scorgere qualcosa in più, come se lei stessa tracciasse nell’oscurità un legame visibile e invisibile al tempo stesso tra le due epoche, dando qualche indizio senza mai svelare troppo, lasciando il tutto sempre sul vago e sul dubbio, senza dare certezze. E soprattutto, è riuscita a farlo in una maniera che non confondesse, non stancasse.
Io stessa non sono una grande fan dei salti temporali. Il più delle volte ci vedo collegamenti quasi forzati, ma in Isola di Neve non c’è assolutamente niente di questo. C’è un attenzione fra quegli anni così diversi fra loro, e né le vicende di Manuel ed Edith, ma nemmeno quelle di Neve ed Andreas mi hanno mai stancato. Anzi: c’era sempre la curiosità di sapere come sarebbe andata avanti, come le cose si sarebbero sviluppate. Non mi sono mai annoiata.

Ed ecco allora Andreas, rinchiuso a Santa Brigida per un episodio che avremo modo di scoprire solo alla fine. Ed ecco anche Neve, che abbatte il muro che li separa. Un muro che non è solo visibile: non ci sono solo le sbarre del carcere a dividerli, ma lei stessa scaccia via le voci su di lui, gli si avvicina, prima forse con diffidenza, e poi con curiosità. Lui è un mondo tutto da scoprire, visto che non ha conosciuto altro se non la monotonia di Novembre, le mani rovinate dal lavoro in mare o l’orribile realtà familiare in cui vive. E non si può fare a meno di desiderare, insieme a Neve, che da quell’attenzione e da quell’amore regalatole da Andreas, possa esserci qualcosa di migliore, lontano dall’isola in cui è nata e cresciuta. 
Ed ecco Manuel. Macchiato di un passato che vuole lasciarsi alle spalle, nella tranquillità di Novembre, nella vecchia casa dei nonni, Livia e Libero. Ma la calma durerà poco con l’arrivo di Edith, una ragazza forte e cocciuta, che è lì, in quell’angolo di mondo, per scoprire di più sulla storia di Andreas. Fare luce sulla sua vita completamente dimenticata, riportando indietro a Dresda il suo violino di inestimabile valore, scomparso chissà dove. Conoscere di più sulla donna che gli era stata vicina: Tempesta.

La prima volta, ho letto questo libro nel giro di tre giorni e considerate che è un bel mattoncino (sono all’incirca 500 pagine). Isola di Neve non poteva assolutamente mancare nella mia libreria come tutti gli altri libri di Valentina, che penso non smetterà mai di essere una delle mie autrici preferite. 
Ricordo che più leggevo, e più mi rendevo conto di non voler smettere. Dovevo studiare, ero tra gennaio e febbraio, in piena sessione invernale. Eppure, mentre sfogliavo i libri universitari, desideravo soltanto tornare soltanto tra quelle pagine e andare avanti con la storia.
Ed eccomi qui invece a fine luglio, a portarvi questa recensione. Ho riletto questa storia per la seconda volta durante la sessione estiva, forse perché un po’ annegavo nello stesso mare di disperazione che accerchia Santa Brigida e Novembre, o forse perché avevo semplicemente bisogno di riascoltare le voci di questi quattro personaggi, o di provare a risentire il rumore delle onde che si infrange sugli scogli rocciosi. 

C’è tanto da scoprire in questo libro. C’è modo di scoprire personaggi mai tranquilli, legati ad una sofferenza che l’autrice riesce a far avvertire, come se fosse tangibile. Come se in qualche modo, almeno all’inizio, non avessero altro a cui aggrapparsi per andare avanti.
Valentina non abitua mai il suo lettore a personaggi dalla vita facile. Ognuno di loro segue un percorso tutt’altro che rettilineo, pieno di pendenze, di salite e di discese pericolose, plasmando quello che è il loro sviluppo all’interno del romanzo. E forse è proprio questo, il loro punto forte.
Eppure, quello che sono riuscita a leggere tra le righe di questo libro, è soprattutto questo: speranza.  
La speranza è negli occhi di Edith, ma è anche in quelli di Neve, che a sua volta la vede in quelli di Andreas. La desiderano con tutto loro stessi, e in fondo, se la meritano anche. 

Voto
5 stelline su 5



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